I vangeli qui sono stati letti come testi politici in cui viene mistificato il tentativo insurrezionale del movimento nazareno guidato da Gesù.
La mistificazione sta appunto nel fatto che Pietro, di fronte alla tomba vuota, s’inventò la tesi della resurrezione. Col che in pratica egli sosteneva la necessità di sostituire la rivoluzione antiromana con l’attesa della parusia trionfale del Cristo.
Di lenzuolo che avvolse il corpo di Gesù si parla in tutti i vangeli canonici (in quello di Giovanni addirittura ch’esso fu ritrovato da Pietro e Giovanni piegato e riposto da una parte): perché dunque Pietro non usò quel reperto come «prova» della resurrezione? Per la semplice ragione che la Sindone non poteva costituire una «prova» della resurrezione ma semplicemente una «prova» della scomparsa misteriosa del corpo. Su questa divergenza si consumò la rottura tra Pietro e Giovanni (quest’ultimo infatti, pur essendo il discepolo preferito da Gesù, non ebbe alcun ruolo negli Atti degli apostoli). Per credere nella resurrezione occorreva la «fede», cosa che Paolo comprese benissimo.
Ma allora la Sindone potrebbe anche essere vera. Anzi, se la considerassimo tale, dovremmo cominciare a rileggere i vangeli come testi «mistificati».